venerdì 16 gennaio 2015

Dove osano i libri


Martedì 13 gennaio era una bella giornata. Una di quelle giornata che questo inverno barlaccio ci sta regalando a scapito dei maglioni comprati in Irlanda nel 94. In barba al cappottone di lana cotta regalato dalla zia Berta 10 natali fa. In tasca agli scarponcelli col peloncino e ai calzettoni di lana d’alpaca della fiera peruviana dell’inverno scorso… Sarà il caso di rifare il guardaroba?
Polèsse… Però oggi sono solo. Margherita è in sede a combattere corpo a corpo con un'orda di mail arretrate, contro burocrazie cubitali e, come se non bastasse, c'ha pure un incontro alle scolemedie. E allora oggi inforco la mia bici retrò, uscita di fresco dal biciclettaio e m’avventuro per le vie del borgo. Solicino, brezza, cuffie e rock a squarciagola, questo martedì ho due animazioni in due scuole agli antipodi: Isolotto vs San Salvi. Per fortuna ho anche un’ora di tempo tra l’una e l’altra ed è per questo che decido di scatenare i polpacci sulla dura catena del rapporto più piccolo. Quindici libri nello zaino mi fanno un baffo. Son uso al mestiere io. M’hanno svezzato i giardinieri con i quali ho lavorato, a me. E quando arrivo all’istituto Marco Polo son più carico di Ironman e più caldo dell’Omofoco. Ho già quattro caffè in circolo nelle vene e sono appena le nove di mattina. Prendo il quinto e m’avvio in classe. I ragazzi mica se l’aspettano un’ora di libri a voce. I loro visi sono un misto tra: O-icchè-vole-questo e lo Yuppi-si-salta-un’ora-d’italiano. Presento, gioco, racconto e leggo e l’ora fugge a gambe levate accompagnata dal: Profeeee ma non può restare anche all’ora dopo ci s’ha inglese?
No. 
Ciao.

Rinserro i libri, agguanto il cappottone e sguiscio fulmineo giù per le scale. Devo arrivare in tempo per il secondo incontro al Saffi daquell’altrapartedellacittà.
E allora aggredisco Via san Bartolo a Cintoia come un’ogiva e mi butto in Via Canova, entro in via Torcicoda mi precipito verso le Cascine, sfreccio per la ciclabile del Lungarno dei Pioppi, m’inietto tra due tramvie che s’incrociano sul ponte all’altezza di Paolo Uccello, sfrutto l’inerzia della discesina e alimento la velocità con due dozzine di pedalate ben assestate. Irrido il traffico ebete del Ponte alla Vittoria e son bell’al Lungarno Corsini… L’ambasciata americana mi registrata come ovni mentre penno sulla ciclabile transitata dai romantici che si scattano foto con sfondo arno d’argento e chiesa del Cestello. Libero il capello dall’andino cappello che il Ponte Vecchio è già alle mie spalle. Non vi racconto balle, la mia due ruote è un dardo nell’atmosfera. Non perdo la cera e di lena ohibò ho già passato San Niccolò, coi piedi ben saldi sui pedali. Alzo il busto e accolgo il vento spettinante. E cosa più importante ho ancora una quarantina di minuti abbondante per arrivare senza fiatone a destinazione. Rilasso i quadricipiti e mi metto in modilatà Ah bella la mi Firenze. È tempo di sterzare a sinistra per via del Campofiore. Calore uguale colore e gote a pomello arrivo sfidando il traffico all’imbocco del cavalcavia Lungo l’Affrico. M’alzo sui pedali. Con un carapace di libri non ho rivali. Scendo più lesto dei clacson invidiosi schiacciati da esosi monoconduttori incazzati e, forte di laterali sentieri, imbocco senza freno via Tito Speri. Ormai è fatta. Piazza San Salvi mi s’apre davanti… Pochi istanti e con il cuore a riparo dall’infarto ho già bell’e che mangiato anche via Andrea del Sarto. Il Saffi al cancello rallenta il mio moto. Scendo, allucchetto, m’aggiusto e arrivo all’uscio. Ho ancora trenta minuti alla campana d’inizio. La custode mi vede le lancio un indizio: Salve sono qui per Libernauta. Prego s’accomodi. Bevo la mia acqua e mi beo dell’impresa. Ho solo un pensiero… la sgorata di sudore che sento sulla schiena… Vabbuò suona la campana esco dall’angolo saltellando e mi porto al centro del quadrato gonfio di libri, sole e vento. Trattengo un sorriso a stento e riparto di slancio: salve eccoci a libernauta…

Andrea Gasparri