lunedì 18 novembre 2013

Da Pinocchio a Harry Potter



La mostra Da Pinocchio a Harry Potter. Biblioteche circolanti, figure e immagini dall’archivio Salani, che il Comune di Vaiano ha ospitato nei mesi di settembre - ottobre 2013, ci ha permesso di godere della bellezza di un patrimonio artistico inestimabile.
Nei laboratori delle domeniche di visita alla mostra abbiamo giocato con la storia d’Italia degli ultimi 150 anni, attraverso le tavole dei grandi illustratori che hanno illuminato le storie Salani.
I partecipanti hanno personalizzato il loro passaggio entrando vivacemente nell’archivio…ecco a voi il risultato. Siamo sicuri che anche Adriano, Ettore e Mario Salani si sarebbero fatti una gran risata.
Un grazie ai bambini, i genitori, gli amici, gli zii e i nonni che si sono divertiti con noi…


libera interpretazione di Shirab e le sue avventure (Anonimo)

libera interpretazione di Alice nel paese delle maraviglie (Anonimo)

libera interpretazione di Harry Potter e la pietra filosofale (S.Riglietti)

libera interpretazione di Heidi (anonimo, dalla TV)

libera interpretazione di Heidi (anonimo, dalla TV)

libera interpretazione di Mazinga (L.Spialtini Navarrini)

libera interpretazione di Mazinga (L.Spialtini Navarrini)

libera interpretazione di Pinocchio (F. Faorzi)

libera interpretazione di La stella di Semplicina (M.A. Cavalieri)

libera interpretazione di Il cinematografo delle fate (C.Chiostri)

libera interpretazione di Il circo Barletta (G. Rossini)
  
libera interpretazione di Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (S. Mulazzani)

libera interpretazione di L'erede di Ferralba (F.Faorzi)

libera interpretazione di Pinocchio (L.Cavalieri)

libera interpretazione di Le avventurose vacanze del Signor Tito (F.Faorzi)

libera interpretazione di L'erede di Ferralba (F.Faorzi)

libera interpretazione di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (S.Riglietti)

libera interpretazione di La grande settimana (A.Gori)

libera interpretazione di Re Biscottino (C.Sarri)


Potete ritrovare le immagini originali sul sito http://www.artivisive.sns.it/archivio_salani.html

giovedì 9 maggio 2013

Depistolari


Una porticina aperta sul genere o stile epistolare

É una bella giornata di sole nella piana, Sesto avvampa nel parcheggione sovrastante la nuova biblioteca di Doccia… Si mi ci vorrebbe a me una bella doccia… Il tragitto dalle Signe mi ha trasformato in una surrogato traspirato. Ma tant’è Oggi ho un incontro con una seconda media per lavorare insieme sul genere epistolare.
C’erano due libri allegati al pacchetto del percorso narrativo che mi era stato lasciato in sede qualche giorno fa. Uno è Miricci di Alessandro Baronciani e l’altro è Ciao, tu di Roberto Pimuni e Beatrice Masini.
Di Miricci non sono riuscito ad arrivare più in là della quinta pagina. M’imbarazzava leggerne le virgole… Barocco davvero troppo pomposo in tutta sta profusione di cliché sull’infanzia moderna. Ma poi magari è solo un problema di gusti, perché Baronciani mi piace davvero, e Blu è un fumetto che ho portato a giro per tutte le scuole del fiorentino. Insomma…
Decido di dedicarmi a Ciao, tu. Anzi no Decido di far fulcro sul genere… Arrivo alla biblioteca e i ragazzi sono già nel cortiletto che fan merenda. La bibliotecara educatamente me lo fa notare e io prendo atto che forse era meglio arrivare 10 minuti prima…
Accomodo le mie cose. Prendo il mio tempo. Intanto i ragazzi entrano composti e si mettono a sedere sui tappetini a loro destinati. Mi tolgo gli occhiali da sole e mi metto quelli da vista… Sbircio di sotto in  su qualcuno dei presenti e chiedo come va. Tasto l’aria. Le maestre richiamano ripetutamente al silenzio. Non si fidano troppo della mia presenza, o forse vogliono solo ricordare a tutti che loro sono lì apposta a marcare stretto. Lascio che si esprimano… poi propongo un gioco, uno semplice. I ragazzi sono molti, 25 ma non è tanto il numero che mi lascia interdetto, quanto l’altezza. Propongo loro di formare un circolo e un gruppo ben educato di ciondoloni di seconda media si mette cammellamente in piè.
-“Bravi. Apriamo il cerchio. Proviamo a trovare una sistemazione in modo che ci si possa guardare tutti negli occhi.”
-“Adesso vi propongo un gioco… Conteremo fino a venti. Senza un ordine ben preciso, senza una regola di successione. Solo un vincolo… se ci sovrapponiamo si ricomincia daccapo ok?. Ovviamente se non riusciamo ad arrivare a venti, abbasserò la meta. Quindici, dieci, nove ecc ecc.” Cominciamo? Via”.
Bravi i ragazzi, pazienti soprattutto. Non si ascoltano e questo va bene. Però a un certo punto c’è stato un momento in cui l’aria ha vibrato e insieme, tutti e 25, sono riusciti a condurre il gioco fino al rotondo e grassoccio numero otto. Bon. Accontentiamoci. Asseeee Dere.
-“Oggi sono in vena di esperimenti. Vorrei provare con voi a vedere come funziona il genere epistolare. Avete mai letto niente di simile? Libri scritti in forma di “lettera inviata e lettera ricevuta?” Carteggi? No? Meglio”
-“Allora proviamo subito a scrivere una lettera insieme! Lo faremo con la tecnica dei cadaveri squisiti. Funziona così… io adesso scrivo una frase della quale lascerò visibile solo l’ultima parola allo scrittore successivo. Chi scrive dopo di me dovrà farsi ispirare dalla parola lasciata e proseguire la frase. A sua volta lascerà scoperta soltanto una parola per lo scrittore seguente e così via fino alla fine. Bon iniziamo:
Firenze, 25/V/2013
Caro Gino, come stai? Ti scrivo questa lettera per dirti che mi manchi tanto e vorrei tanto rivederti. Verrò il mese prossimo per sapere come stai, te e la tua famiglia. Spero che qualcuno possa leggere questa lettera perché è molto importante per me. Giocare ai videogiochi, con il mio amico Thomas. Sai, hanno inventato una macchina che evoca i cartoni animati e io ho evocato Goku che mi ha insegnato il Kame hame ha. Ps Anche la sfera energetica.
Bene e qui finisce la storia di Prophet il guerriero di Crysis.
Addio

Quando inizio a leggere i ragazzi si sganasciano dalle risate. Eppure in questo “germe di follia” c’è una grande quantità di informazioni sulla vita di sti pargoli. C’è l’amicizia, il gioco, la tecnologia. C’è perfino la famiglia. C`’e l’invenzione di macchinari incredibili, la voglia di imparare cose bellissime come l’onda di energia, che vorrei tanto saper sprigionare anche io. E attenzione ci sono i fumetti. Perché Kame hame ha solo è citato nel cartaceo e non nella serie cartoon
Insomma tutte queste cose che mi arrivano addosso mi dicono che non è ancora il momento di leggere. I ragazzi si sono appena scaldati. Le insegnanti adesso hanno un po’ più fiducia e mi concedono spago e terreno. Propongo allora un salto nel tempo, quando la scrittura la si faceva per mezzo di glifi, e le comunicazioni viaggiavano arrotolate in papiri. C’è un testo molto divertente di Achille Campanile tratto da “In campagna è un’altra cosa”. È la lettera strampalata del povero Ramesse a una donna che ama. Deve esprimersi con disegni e tra che non sa bene disegnare, tra che esprimere concetti amorosi gli risulta abbastanza ostico ne viene fuori un paperacchio davvero divertente.
Ai ragazzi però non racconto molto. Solo li divido in gruppi e li faccio accomodare in piccoli cerchi a giro per la biblioteca. Consegno ad ogni gruppo un foglio con i simboli che Ramesse ha tracciato per scrivere la sua carta e do come vincolo solo quello di attenersi alle immagini. Il resto sono 5 minuti dei miei (un tempo indefinito che non ha attinenza né con Chronos né con Greenwich). Pronti, Attenti via.
I ragazzi sono veloci. Parte il murmure creativo. Quella brodaglia iperuranica con volume ascendente e che poi lentamente si acquieta quando scaturisce il momento della stesura. Passano sette, otto minuti durante i quali mi aggiro per i gruppi dedicando solo la mia presenza. Senza intervenire nell’elaborazione a meno che non mi venga chiesto. Dopo un po’ le prime mani si alzano. Hanno finito. Sono stati rapidissimi. Allora propongo un proseguo al tema. Adesso facciamo che io ritiro i vostri fogli e li ridistribuisco tra i gruppi. In questo modo risponderete ad una lettere che vi è giunta. I ragazzi sono molto esaltati. Afferrano i fogli che porgo e iniziano subito a confrontarsi in gruppo. Che facile lavorare quando rispondono così agli stimoli proposti… Insomma passano altri sette otto minuti e le lettere son pronte. Ritiro i fogli. Raduno il gruppo. Mi metto comodo a sedere sulla seggiolona di vimini. Adesso è il momento di dedicarsi alla lettura. Ma non dei loro fogli, bensì del libro che mi ero portato: Ciao, tu.
-“Questa… è una storia d’amore. So che ti piacerà molto” poso il mio sguardo su un giuggiolone di 12 anni che come si sente osservato ammuffisce, mentre i suoi compagni gli ridono sulla nuca. Leggo un paio di capitoli fino a quando percepisco che l’attenzione è ormai tutta condensata sulla pagina successiva. Lì mi interrompo… Lascio che sfoghino la loro curiosità sul libro che potranno prendere in prestito nella biblioteca.
Adesso è arrivato il momento di leggere i loro capolavori… quindi Buona lettura.
















venerdì 8 marzo 2013

Tappeti e giochi Polisensoriali


Tappeti e giochi Polisensoriali
Lo stupore dei più piccoli

Di: Beatrice Bartolozzi

Con queste parole vorrei raccontarvi un’esperienza vissuta grazie ad un grosso progetto realizzato in alcuni Nidi e Centri gioco del comune di Prato.
L’idea è nata da esperienze conosciute, viste, provate e condivise con le mie colleghe, Chiara e Giulia.
In questo progetto abbiamo pensato di affiancare il racconto di storie con la lettura tattile, guardando Munari, di lavorare sull’idea di tappeto polisensoriale, guardando il lavoro dei Nidi di Reggio Emilia che avevano guardato Burri, il quale a sua volta sicuramente aveva guardato qualcun altro. Chissà forse la natura maestra di tutte le cose.

In fondo è tutta una storia di sguardi e rimandi. Rimandi a storie rodate come Il prestigiatore verde di Munari, che ci ha suggerito di lavorare sull’effetto sorpresa. E così la lettura del libro è sempre accompagnata da un pupazzo di stoffa, Pippo, che verde pure lui, ci segue in ogni incontro.
Pippo arriva con noi in una valigia blu, nascosta dentro ad un’altra che nelle tasche cela a sua volta, libri e materiali. Ogni giorno la valigia potrebbe contenere qualsiasi cosa e Pippo cerca di confondere le idee… con i capelli imita il  cavallo, con i piedi il serpente, fino a manifestarsi tutto intero sempre in pigiama, sempre da vestire ogni volta con l’aiuto dei bambini. 
La sua bocca si sposta sorride o è triste e diventa un altro gioco da fare per presentarsi. Pippo riscuote sempre un grande successo tanto che l’anno scorso una bambina voleva venir con me, cioè con lui, nella valigia. A volte è guardato con sospetto e occhi luccicanti, che preannuncerebbero un pianto, ma alla fine del primo incontro tutto è passato e un altro bambino è stato conquistato.
Dalla valigia di Pippo escono  i libri. Quelli tattili da leggere con le mani, in cui cercare elementi che ci riportino alle nostre storie. Quelli Pop Up, in cui metter le dita  per entrarvi dentro. I materiali da maneggiare e scegliere per creare piccole composizioni che, insieme, diventeranno un gran tappeto polisensoriale con cui giocare. 
Plastiche, tessuti, materiali naturali, sonori, profumati sono stati  indagati per le loro potenzialità, li abbiamo anche ascoltati con le orecchie grazie al fonendoscopio, per entrarci dentro ancora di più.

Lavorare con i bambini dai 18 ai 36 mesi porta ad affinare la propria sensibilità verso le piccole cose che suggeriscono più di gesti eclatanti e rumorosi.
Così l’attesa di scoprire cosa nasconde una finestra di un libro e la scoperta stessa, diventano ogni volta per loro una grande emozione, che ci contagia e ci permette di riscoprire la realtà insieme a loro.





lunedì 4 marzo 2013

Tutti sul podio. O Calma e concentrazione





Strototototon… Il bandone della sede è su. Porta a vetro, tendine tenente Sheridan…luci al neon e conseguenti due secondi di atmosfera da capannone per la rifinitura tacchi… Acqua a scaldare, Mate o te verde? Vado sul classico: Mate.
Tutto tranquillo, tutto in regola. Anche il laboratorio di panini per la ricreazione delle scuole superiori accanto a noi è già aperto stamattina. Sono le 8. Presto. È sabato. Tanti dormono, ma non tutti. Di certo non io.
D’altro canto questo è il mio lavoro. Come quale? Il narratore. Preferite cantastorie? O meglio animatore alla lettura? Mmm no questa dicitura non è mai piaciuta a nessuno. Ne volete una moderna, una di quelle che fa tanto personcina studiata, una con bollino d’artista? Storyteller.

Ma sarà che io son tanto affezionato all’ispanico cuentacuentos che spesso non ci faccio nemmeno più caso e dalla bocca mi esce così, con tutto quell’appiccicottìo di “c” e di “t”.
Dicevo che questo è il mio lavoro. IlLavoroPiùBelloDelMondo. O almeno cerco di fare in modo che lo sia. Sapete non ci credo tanto alla dimensione segregativa e cubica del concetto di lavoro: otto ore, le ferie, il contratto ecce cc. No che non siano cose giuste, sensate e ottenute a suon di lotte. Ma io non mi ci sono mai appaiato. Come dire non sono mai riuscito a entrare nella sagoma. E allora anche di sabato mattina tiro su il bandone perché c’è un incontro da preparare, dei materiali da pensare e assemblare, delle storie da rileggere, tagliare e rimontare. Ci sono dei giochi da costruire, dei momenti da ponderare e delle esigenze da interpretare. Che tempo è oggi? Bello, c’è il sole, è quasi un accenno di primavera. Sai che vuol dire questo? Che non ci saranno molti bambini in biblioteca oggi. Ma non si può mai dire. Magari alle quattro e mezzo, dopo una bella passeggiata digestiva, i genitori decidono di passare dalle Oblate per un caffè sulla terrazza pubblica più bella del mondo e allora può darsi che si affaccino alla sala di lettura. Proprio lì dove ogni sabato, noi cuentacuentos, storyteller, animatori… noi Allibratori… raccontiamo delle storie.

Tutti sul podio. Vogliamo giocare con i bambini alle olimpiadi. Ho preparato un pannello grande con un mondo stilizzato, schizzato a pennellate di tempera. Rilassante spazzonellare colori di mondo. Poi ho costruito i cinque cerchi delle olimpiadi con dei piatti scodella di plastica. Li ho colorati e sistemati nel centro del mondo: Azzurro, nero e rosso. Giallo e verde.

Finito di dipingere mi son preso una pausa. Ho provato la prima versione del gioco lanciando una pallina di carta nei piatti. Ma quella rimbalzava sempre fuori. Un sorso di mate e un pensiero luuuuungo. Esco. Chiudo la porta a vetri inforco la bici e me ne vado lungo l’Arno in cerca di un campo coltivato. Ci sono due uomini che stanno vangando delle prode su un rivierasco poco lontano. Mi avvicino ed entro nel quadro macchialiolo. Saluto. I due si fermano, ricambiano e s’asciugano il sudore dalla fronte con l’avambraccio.

- “Avreste per caso una canna, come quelle lì delle viti da darmi?”
- “Certo giovane. Come la vuoi corta o lunga?”
- “Corta va bene”. Me ne danno due. Lunghe…. Meglio.

Ritorno in sede e sulla soglia al caldo del solicino marzolino mi dedico bucolico alla pulitura delle due stiance. Ne scelgo una e ne ricavo una bacchetta di circa un metro. Poi la coloro con tante pennellate di acrilici atossici. La metto ad asciugare fuori, infilata nel vaso del rododendro della corte del palazzo: però fa colore.

Adesso ho chiara la variazione del gioco. Sarà una pesca divertente. Mi mancano l’esca e i pesci. Beh i pesci poco male stampo un fronteretro di un pesce preso da internet e lo ritaglio. Per l’esca invece mi ricordo di un vecchio telefono in una scatola di materiali nel sottoscala. Lo prendo lo smonto e dal citofono estraggo la calamita. Ecco fatto. Quando incollo le due parti del pesce metto delle graffette sulla testa… all’interno. Un pezzo di spago, pistola a caldo, qualche rifinitura per l’impugnatura e la canna da pesca è bella che pronta.

La Maura è stata fino a tardi la sera prima a preparare tutte le domande per i giochi delle due squadre di bambini che si sfideranno sul moquettone verde delle Biblioteca delle Oblate.
Potrei andare avanti all’infinito e raccontarvi fino nei minimi dettagli che cosa è venuto fuori da quest’incontro. Sapete, quando siamo arrivati c’erano pochi iscritti… sette che poi si son trasformati in tre. Abbiamo finito il laboratorio con una quindicina di esseri che hanno cominciato a sbucare da ogni dove. Ma a parte la vanitas personale, l’orgoglio nel partecipare al divertimento dei marmocchi, ci sono dei momenti precisi in cui l’osservazione di ciò che sta accadendo tappa ogni rumore d’eccesso e ci porta in un’altra dimensione fatta di una leggerezza così sottile e inconsistente da ricevere tutto il nostro interesse… la nostra protezione… Non è facile pescare uno di quei pesci di carta con una canna dall’esca magnetica. Un bambino di sette anni scopre che ci voglion calma e pazienza, appena ne aggancia uno… la prima cosa che fa, dopo aver esultato per la cattura, grida a tutti gli altri “Ci vuole molta calma e concentrazione”. Al suono di queste parole mi sposto di profilo affinché il mio corpo non ne tappi neppure un accento… devono arrivare dritte alle orecchie degli altri bambini. Non importa, anzi, non esiste la squadra avversaria. La voce del bambino è accolta… patrimonio dell’intero gruppo passa veloce di bocca in bocca ed è tutto un mormorare e ripetere “calma”… “concentrazione”. Le mani dosano il peso della canna colorata, la bilanciano, provano l’effetto del pendolo con la corda che ondeggia sopra le teste dei pesci di carta. Piano, piano. Capire la misura, la distanza, il tempo il gioco e… la concentrazione. Iniziano a saltar fuori quei pesci che è una meraviglia. Dopo ogni pesca c’è il gioco con le domande. E qui i gruppi si ricompongono e la sfida si fa intensa. Sono domande difficili… le avevamo pensate per un’utenza un po’ più variegata ma sapete una cosa? I due gruppi non si scoraggiano. E se le riposte non ce le hanno se le inventano o le vanno a cercare dai genitori. Ed è bene. Perché decidono spontaneamente di ricorrere a una fonte di fiducia. Al grande che li accompagna. A una autoritas riconosciuta e che è li a portata di mano, come un libro da sfogliare. “Io lo vado a chiedere alla mia mamma perché lei si intende di cose antiche, mentre mio papà è più tecnologico”, dice Alberto.
Tra pesche e giochi le squadre salgono e scendono la classifica dei punti. C’è competizione e del sano spirito di sfida che in ogni momento viene riassorbito dalla dimensione ludica e dalle risate.

Poi arrivano le storie. Sono storie prese da un libro per grandi sapete? Belle e ricche storie di vita e sport. Di olimpiadi vinte malgrado il fisico debilitato, malgrado la discriminazione, malgrado la guerra, malgrado la politica, malgrado i giochi di potere… E il gruppo di sei settenni? Che fa? Impone l’ascolto. Non so nemmeno come raccontarvelo. Vedete lo spazio verde delle Oblate è davvero grande. In genere l’area degli incontri è una parte di questo spazio delimitata da un divisorio di librerie di polistirolo. Praticamente non ci sono ostacoli che diano una soluzione di continuità allo spazio, quindi il brusio è sempre molto intenso e costante. Viene dai bambini piccolissimi e dai genitori che stanno fuori dall’area di laboratorio. E nonostante questo c’è stato un momento in cui la storia era così partecipata che il silenzio si è imposto su tutta la stanza. Durato poco, alcuni secondi. Ma lo abbiamo percepito forte e chiaro come uno sguardo sparato negli occhi. E in questa implosione, tracimante concentrazione e calma, scovi la sensatezza della narrazione, della storia condivisa, dello stare lì seduto in un time lapse in cui sbocciano fondendosi le sensazioni di ogni singola persona che partecipa del racconto… narratori inclusi.

Poi riprincipia il brusio… scioccato vieni ripartorito nelle bolla di fretta e cene da preparare. Il laboratorio finisce. Si arrotolano le carte. Si distribuiscono saluti e sorrisi. Sfiancati ci si avvia all’uscita e… Beh questo è il lavoro che facciamo. E non saprei davvero come spiegarlo. Non bisogna certo essere dei geni, né tanto meno avere dei titoli particolari, affatto… È sufficiente sapersi agganciare a un pensiero distratto che ti passa di lato, o intuire come un movimento rapido delle pupille possa denunciare un improvviso cambio di umore.

Ma c’è dell’altro. È quello che io chiamo effetto maestro Miyagi… Dare la cera togliere la cera… abbiamo parlato di storia, di geografia,  quando abbiamo giocato con le olimpiadi Abbiamo sperimentato la fisica con la pesca magnetica e il pendolo. Abbiamo arricchito il dizionario con i termini legati al mondo dello sport. E quando ce ne siamo andati c’è rimasto nelle orecchie il brusio di un motto uscito dai bambini. Ci vuole calma e concentrazione.