Una porticina aperta sul genere o stile epistolare
É una bella giornata di sole nella piana, Sesto avvampa nel
parcheggione sovrastante la nuova biblioteca di Doccia… Si mi ci vorrebbe a me
una bella doccia… Il tragitto dalle Signe mi ha trasformato in una surrogato
traspirato. Ma tant’è Oggi ho un incontro con una seconda media per lavorare
insieme sul genere epistolare.
C’erano due libri allegati al pacchetto del percorso
narrativo che mi era stato lasciato in sede qualche giorno fa. Uno è Miricci di
Alessandro Baronciani e l’altro è Ciao, tu di Roberto Pimuni e Beatrice Masini.
Di Miricci non sono riuscito ad arrivare più in là della
quinta pagina. M’imbarazzava leggerne le virgole… Barocco davvero troppo
pomposo in tutta sta profusione di cliché sull’infanzia moderna. Ma poi magari
è solo un problema di gusti, perché Baronciani mi piace davvero, e Blu è un
fumetto che ho portato a giro per tutte le scuole del fiorentino. Insomma…
Decido di dedicarmi a Ciao, tu. Anzi no Decido di far fulcro sul genere… Arrivo alla biblioteca e i ragazzi sono già nel cortiletto che fan merenda. La bibliotecara educatamente me lo fa notare e io prendo atto che forse era meglio arrivare 10 minuti prima…
Decido di dedicarmi a Ciao, tu. Anzi no Decido di far fulcro sul genere… Arrivo alla biblioteca e i ragazzi sono già nel cortiletto che fan merenda. La bibliotecara educatamente me lo fa notare e io prendo atto che forse era meglio arrivare 10 minuti prima…
Accomodo le mie cose. Prendo il mio tempo. Intanto i ragazzi
entrano composti e si mettono a sedere sui tappetini a loro destinati. Mi tolgo
gli occhiali da sole e mi metto quelli da vista… Sbircio di sotto in su qualcuno dei presenti e chiedo come va. Tasto
l’aria. Le maestre richiamano ripetutamente al silenzio. Non si fidano troppo
della mia presenza, o forse vogliono solo ricordare a tutti che loro sono lì
apposta a marcare stretto. Lascio che si esprimano… poi propongo un gioco, uno
semplice. I ragazzi sono molti, 25 ma non è tanto il numero che mi lascia interdetto,
quanto l’altezza. Propongo loro di formare un circolo e un gruppo ben educato
di ciondoloni di seconda media si mette cammellamente in piè.
-“Bravi. Apriamo il cerchio. Proviamo a trovare una
sistemazione in modo che ci si possa guardare tutti negli occhi.”
-“Adesso vi propongo un gioco… Conteremo fino a venti. Senza
un ordine ben preciso, senza una regola di successione. Solo un vincolo… se ci
sovrapponiamo si ricomincia daccapo ok?. Ovviamente se non riusciamo ad
arrivare a venti, abbasserò la meta. Quindici, dieci, nove ecc ecc.”
Cominciamo? Via”.
Bravi i ragazzi, pazienti soprattutto. Non si ascoltano e
questo va bene. Però a un certo punto c’è stato un momento in cui l’aria ha
vibrato e insieme, tutti e 25, sono riusciti a condurre il gioco fino al
rotondo e grassoccio numero otto. Bon. Accontentiamoci. Asseeee Dere.
-“Oggi sono in vena di esperimenti. Vorrei provare con voi a
vedere come funziona il genere epistolare. Avete mai letto niente di simile?
Libri scritti in forma di “lettera inviata e lettera ricevuta?” Carteggi? No?
Meglio”
-“Allora proviamo subito a scrivere una lettera insieme! Lo faremo con la tecnica dei cadaveri squisiti. Funziona così… io adesso scrivo una frase della quale lascerò visibile solo l’ultima parola allo scrittore successivo. Chi scrive dopo di me dovrà farsi ispirare dalla parola lasciata e proseguire la frase. A sua volta lascerà scoperta soltanto una parola per lo scrittore seguente e così via fino alla fine. Bon iniziamo:
-“Allora proviamo subito a scrivere una lettera insieme! Lo faremo con la tecnica dei cadaveri squisiti. Funziona così… io adesso scrivo una frase della quale lascerò visibile solo l’ultima parola allo scrittore successivo. Chi scrive dopo di me dovrà farsi ispirare dalla parola lasciata e proseguire la frase. A sua volta lascerà scoperta soltanto una parola per lo scrittore seguente e così via fino alla fine. Bon iniziamo:
Firenze, 25/V/2013
Caro Gino, come stai? Ti scrivo questa lettera per dirti che
mi manchi tanto e vorrei tanto rivederti. Verrò il mese prossimo per sapere
come stai, te e la tua famiglia. Spero che qualcuno possa leggere questa
lettera perché è molto importante per me. Giocare ai videogiochi, con il mio
amico Thomas. Sai, hanno inventato una macchina che evoca i cartoni animati e
io ho evocato Goku che mi ha insegnato il Kame hame ha. Ps Anche la sfera
energetica.
Bene e qui finisce la storia di Prophet il guerriero di Crysis.
Bene e qui finisce la storia di Prophet il guerriero di Crysis.
Addio
Quando inizio a leggere i ragazzi si sganasciano dalle
risate. Eppure in questo “germe di follia” c’è una grande quantità di
informazioni sulla vita di sti pargoli. C’è l’amicizia, il gioco, la
tecnologia. C’è perfino la famiglia. C`’e l’invenzione di macchinari incredibili,
la voglia di imparare cose bellissime come l’onda di energia, che vorrei tanto
saper sprigionare anche io. E attenzione ci sono i fumetti. Perché Kame hame ha
solo è citato nel cartaceo e non nella serie cartoon
Insomma tutte queste cose che mi arrivano addosso mi dicono
che non è ancora il momento di leggere. I ragazzi si sono appena scaldati. Le
insegnanti adesso hanno un po’ più fiducia e mi concedono spago e terreno.
Propongo allora un salto nel tempo, quando la scrittura la si faceva per mezzo
di glifi, e le comunicazioni viaggiavano arrotolate in papiri. C’è un testo
molto divertente di Achille Campanile tratto da “In campagna è un’altra cosa”.
È la lettera strampalata del povero Ramesse a una donna che ama. Deve
esprimersi con disegni e tra che non sa bene disegnare, tra che esprimere
concetti amorosi gli risulta abbastanza ostico ne viene fuori un paperacchio
davvero divertente.
Ai ragazzi però non racconto molto. Solo li divido in gruppi
e li faccio accomodare in piccoli cerchi a giro per la biblioteca. Consegno ad
ogni gruppo un foglio con i simboli che Ramesse ha tracciato per scrivere la
sua carta e do come vincolo solo quello di attenersi alle immagini. Il resto
sono 5 minuti dei miei (un tempo indefinito che non ha attinenza né con Chronos
né con Greenwich). Pronti, Attenti via.
I ragazzi sono veloci. Parte il murmure creativo. Quella
brodaglia iperuranica con volume ascendente e che poi lentamente si acquieta
quando scaturisce il momento della stesura. Passano sette, otto minuti durante
i quali mi aggiro per i gruppi dedicando solo la mia presenza. Senza
intervenire nell’elaborazione a meno che non mi venga chiesto. Dopo un po’ le
prime mani si alzano. Hanno finito. Sono stati rapidissimi. Allora propongo un
proseguo al tema. Adesso facciamo che io ritiro i vostri fogli e li
ridistribuisco tra i gruppi. In questo modo risponderete ad una lettere che vi
è giunta. I ragazzi sono molto esaltati. Afferrano i fogli che porgo e iniziano
subito a confrontarsi in gruppo. Che facile lavorare quando rispondono così
agli stimoli proposti… Insomma passano altri sette otto minuti e le lettere son
pronte. Ritiro i fogli. Raduno il gruppo. Mi metto comodo a sedere sulla seggiolona
di vimini. Adesso è il momento di dedicarsi alla lettura. Ma non dei loro
fogli, bensì del libro che mi ero portato: Ciao, tu.
-“Questa… è una storia d’amore. So che ti piacerà molto”
poso il mio sguardo su un giuggiolone di 12 anni che come si sente osservato
ammuffisce, mentre i suoi compagni gli ridono sulla nuca. Leggo un paio di
capitoli fino a quando percepisco che l’attenzione è ormai tutta condensata
sulla pagina successiva. Lì mi interrompo… Lascio che sfoghino la loro
curiosità sul libro che potranno prendere in prestito nella biblioteca.
Adesso è arrivato il momento di leggere i loro capolavori…
quindi Buona lettura.
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