lunedì 2 marzo 2015

Prime Rime



di Andrea Gasparri
Il cielo è terso,
È dentro un verso.
Mi sono perso.

A cosa servono i poeti? Perché ci scortichiamo tanto a scrivere versi in rima o versi sciolti? Perché, beoti, osserviamo il mondo fintanto che una scintilla di chiaraluce ci invade e giù, l’è tutto un rotolare di sfere intinte dalla gravità d’inchiostri blu e neri: zampette di formica su fogli bianchi.
A cosa servono i poeti? Non lo so. Risposta concisa e lapidaria. Però so questo, che così come nessun cartone animato riesce a resiste a dire il finale di “Ammazza la vecchia”, pochissimi tra gli implumi ragazzi delle medie riescono a restare indifferenti davanti al richiamo della rima.
Noi ovviamente ci mettiamo del nostro, e senza alcun pudore o reverenza per i grandi maestri, per le autorità letterarie, diamo in pasto a questo manipolo di creature fagocitanti, i versi e le rime più auliche della nostra letteratura… o anche semplici endecasillabi rubati alla vita comune. Il risultato? Sempre e comunque esilarante ed eccovi qua alcuni esempi.
Prima però dateci un minuto per fare una piccola premessa e spiegarvi due regolette base.
Quelle qui di seguito sono rime che i ragazzi e le ragazze hanno inventato nel secondo incontro in classe. La settimana prima avevamo affrontato con loro le molteplici soluzioni che Rima Baciata e Rima Alternata possono fornirci a seconda della lunghezza dei versi, del ritmo, della situazione che useremo per la nostra poesia.
In questo secondo incontro invece ci siamo concentrati sull’endecasillabo, ovviamente senza perdere di vista i due tipi di rima con i quali avevamo giocato la volta precedente.
Regole. Una classe di prima media, 27 alunni. Li dividiamo in cinque gruppi. Ad ogni gruppo consegniamo un foglio A4 sul quale è stampato in grassetto un verso endecasillabo. Sta a loro comporre un’ottava il cui schema è il seguente: sei versi in rima alternata e due in rima baciata. Ovviamente tutti endecasillabi
Risultato

I
S’io fossi foco arderei il mondo
Poi lo dipingerei tutto di rosso
E nel frattempo fare il girotondo.
Ma sono sprofondato dentro a un fosso
E sono andato giù a fondo a fondo
All’improvviso ho visto un grosso osso
Un cane scalmanato me lo ruba
E disperato suono il bassotuba.

II
Quale debole siepe fu l’amore
Se fosse la poesia di una scrittrice
E che nel cuore avea tanto colore
Voleva scrivere con la vernice
Ebbe per sé davvero poche ore
Perché era un gran lavoratrice
Ma dipingendo sempre troppo in fretta
Gli si sporcava tutta la maglietta


III
I poeti lavorano di notte
Di giorno dormono sognando stelle
Ma i lor pensieri spesso fanno a botte
Compongono soltanto poesie belle
Gli piace divorar le pere cotte
Montano i cavalli con le selle
Vorrebbero però dormire in pace
Nel mare insieme ai Bronzi di Riace

IV
Per la città correva un uomo nero
Ma dopo un po’ la scarpa gli andò via
Rimase appeso proprio in cima a un pero
E poi lui cadde in testa alla su zia
L’impatto non fu proprio il più leggero
Vi sto dicendo forse una bugia?
La zia cadde a terra tramortita
S’accorse d’aver perso la partita.

V
Se l’orso nero avesse detto al bruno
Potremmo colorarci un po’ di giallo
Potremmo diventare insiem tutt’uno
E così quel maligno pappagallo
Non sarebbe più stato inopportuno
Sarebbe ritornato in portogallo
Avrebbe conosciuto una gallina
Scambiandola però per ballerina


Continua....

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