sabato 25 agosto 2007

Ultime da Huanta

Abbiamo pensato all’organizzazione del lavoro e alla preparazione del materiale tra venerdì 3 e sabato 4 agosto. Nella mattinata di venerdì riunione a Huanta con Ruth, la nostra referente dell’Associazione Aprohviph, per accordarsi sulle effettive giornate e sugli orari in cui realizzare il corso, sull’affitto del data-show e sulla lista dei partecipanti. Nel pomeriggio abbiamo fatto un giro nel Museo della Memoria di Huanta ovvero il luogo cittadino che narra della guerra civile, esso racconta come si vivesse prima e durante l’avvento di Sendero e della repressione militare ma, soprattutto, rappresenta per tutti coloro che hanno perso parenti e persone care una sorta di spazio sacro dove recarsi per trovare un momento di intimo raccoglimento con loro. Nello Yuyanawasi, nome quechua del museo, ognuno può appendere le fotografie delle vittime restituendo così memoria e dignità ad alcuni tra le migliaia di desaparecidos.
Torniamo al lavoro, sabato 4 abbiamo fatto riunione inter nos, organizzando nei dettagli i vari momenti del corso, stampando le dispense e preparando le cartelline per i corsisti.
Il corso si è sviluppato in due settimane: la prima teorica tra lunedì 6 e venerdì 10 mentre la seconda, prevalentemente pratica, tra lunedì 13 e venerdì 17.

Sulla carta la teoria non fa una piega: lineare, strutturata, chiara. Alzato lo sguardo dalle pulite finestrelle del power point mi incontro con 17 paia di profondi occhi quechua ai quali devo raccontare l’importanza della lettura. Oh vai Gespo, esprimiti.
Il primo giorno l’affluenza è un pó scarsina per ovvi motivi organizzativi (gente che scende dal campo, dalla chakra, dalla finca).
Il secondo giorno già siamo in venti, mentre il terzo siamo pure in troppi: ventisette, contro i venticinque da presupuesto. Poco male. Scattiamo la foto di gruppo – già postata - adesso comincia il corso vero e proprio.
Chi è l’animatore alla lettura? Ricerco tra pieghe mia esperienza contadina e agreste immagini, figure e idee che possano agganciarmi alla vita cotediana di ognuno di loro. Ci sono anche dei professori e allora il tono non può essere eccessivamente campestre, quindi a tratti devo accarezzare la curiosità e la necessità di approfondimento di chi da anni lavora con i bambini e i ragazzi.
Si parla di leggere i segni del cielo che annunaciano l’arrivo della pioggia o della sequia, si parla di leggere nelle foglie di coca i percorsi del destino, si parla di J. M. Arguedas, di Garcia Lorca per arrivare di corsa alle storie dei padri, dei nonni, dei pueblos in cui i partecipanti al corso vivono.
Quarto, quinto giorno. Tra loro si riconoscono già due o tre animatori alla lettura, esseri strani che portano addosso gli inequivocabili caratteri dell’ascoltatore, del narratore, dell’inventore di storie.
La lettura arriva come una secchiata di acqua gelida. Una delle tare più grosse del sistema educativo peruviano è che ai bambini non viene insegnato a comprendere i testi che leggono, niente elaborazione, solo mandare a mente o copiare. Leggere è per molti dei nostri corsisti un atto plastico, senza evoluzione di genere o forma. Suoni emessi nell’aria che presto evaporano senza lasciar traccia.
Certo non per tutti è così Ci sono sempre quei due o tre di cui sopra ai quali affido tacitamente il compito di spingere il gruppo verso la liberazione del senso della lettura.
Allora cominciamo dai versi degli animali, dai rumori della natura, dagli stati d’animo del personaggio parlante. Qualcuno, stimolato, s’arrischia ad entrare nel circuito a spirale della lettura. Altri non cedono di un centimetro, ma va bene così: non siamo qui per evangelizzare nessuno.
Taller: laboratorio. Siamo alla fine della settimana. E’ venerdì 10 agosto e chiedo al gruppo chi tra loro sicuramente non potrà venire il giorno successivo alla pratica che dura dalla mattina alla sera. L’alzata di mano è collettiva. Mi arrendo. Hanno ragione, il sabato è giorno di svacco e anche noi cediamo alle lusinghe di una gitarella fuori porta. Ci affidiamo al principio della flessibilità (quella vera) e riorganizziamo il calendario per la settimana successiva.
La prima settimana passa e il gruppo che il primo giorno s’arrischiava timido a rispondere all’appello adesso ha sciolto i legami convenzionali per aprirsi a nuove schermaglie tra sconosciuti. Godo del fatto che le spiegazioni di concetti e teorie adesso nascono, o come si dice in castellano salen, dal gruppo stesso.
Arriva presto la sera di san Lorenzo, stasera esaudiremo desideri al cader delle stelle.

La seconda settimana è cominciata con l’ultima lezione teorica, ovvero la descrizione e la funzione del laboratorio all’interno dell’animazione alla lettura. Martedì ha assistito al corso anche la nostra referente della ONG italiana MLAL, Chiara Bebber, appositamente giunta da Lima per monitorare il lavoro: è capitata durante il tailler di costruzione del libro. Questa la costipata situazione nell’ufficio di Aprohviph: due grossi tavoli con su carta, cartoncini, forbici, colori, colle di ogni sorta...insomma tutto il materiale acquistato a Lima per il progetto e attorno ad esso i corsisti, inizialmente spaesati! Il pomeriggio ha avuto inizio con la spiegazione del semplice libro OH e subito i corsisti si sono sentiti a proprio agio: maneggiare la carta, sporcarsi con colle e colori al suono di un leggero sottofondo musicale - concerto di Aranjuez – è risultato essere rilassante e quasi catartico. Il taller è andato avanti attraverso la costruzione dell’OH concatenato con copertina a palcoscenico – inutile cercar sui manuali questo nome, frutto di un colloquio tra colleghi – e il momento si è aperto a ventaglio e animato di storie...i corsisti improvvisavano disegni e racconti senza la minima intenzione di staccar la faccia dai tavoli magici, tanto che per passare alla costruzione dei pop-up si è reso necessario un atto coercitivo “Falta el tiempo!! Vamos a empezar con otros libros”... Ebbene! Anche gli animaletti dalle bocche spalancate hanno provocato lo stesso meravigliato effetto e, cosa non rara, soprattutto tra i professori e le educatrici.
Mercoledì 15 si sono formati i quattro gruppi che, nelle seguenti due mattinate di corso, hanno svolto le animazioni alla lettura presso la scuole contatte per portare a termine il progetto: è stata una giornata di pura progettazione in cui noi animatori ci scambiavano tra i gruppi aiutandoli nel lavoro.

Andrea e Chiara

giovedì 16 agosto 2007

Terremoto


Cari Soci
Interrompiamo momentaneamente le comunicazioni sul progetto per aggiornarvi circa i fatti occorsi la notte passata nella zona tra Ica, Pisco e Chincha. Una scossa di terremoto di magnetudo 7,9 ha provocato fino ad ora 450 morti e oltre 500 feriti. La zona piu' colpita risulta essere quindi il sud est del Peru' nella provincia di Chincha. A Pisco il 70% degli edifici sono distrutti e l'alcalde della citta' denuncia le condizioni critiche per la mancanza di acqua, luce e la difficolta' dei soccorsi. Due ragazze conosciute ad Ayacucho nei giorni scorsi erano partite per Pisco martedi' notte, non riusciamo ad avere loro notizie anche perche' le linee di comunicazione sono interrotte.
Al momento siamo stati informati dalle compagnie di pulman che la strada per Lima e' impraticabile e quindi i mezzi partiti nlla notte stanno ritornando ad Ayacucho. In uno di questi pulman viaggia il nostro contatto peruviano Chiara Bebber, che in questi giorni era venuta a trovarci ad Ayacucho anche per partecipare di persona ad un momento del corso. Domani terminano le attivita' del progetto, non sappiamo ancora di preciso se riusciremo a tornare a Lima, tuttavia questa e' l'unica difficolta' che abbiamo.
Al momento della scossa stavamo riposando in camera dopo l'ennesima giornata di viaggi e corso. Al terzo piano dll'Hostal Costa Azul i nostri letti hanno iniziato a traballare paurosamente e le luci si sono spente. Siamo corsi in strada dove una folla di gente si era gia' riversata in preda al panico. La scossa e' durata, con intesita' incostante, circa tre minuti. Fortunatamente non ci sono stati crolli strutturali nella nostra zona. Stamani, quando siamo andati nella piccola scuolina di un asentamiento humano nelle vicinanze di Huanta, la maestra ci ha fatto fare il giro delle mura segnate da crepe e fratture evidenti.
Per il momento vi salutiamo.
Vi terremo aggiornati.
A&C

lunedì 13 agosto 2007

Prospettive andine

Vivere e lavorare sulle Ande è veramente un’esperienza alternativa. Mi sorprendo spesso a rivalutare i nostri parametri di vita.

Le distanze e il paesaggio

Scavalcare montagne ogni giorno. Huamanga, il luogo dove viviamo, dista un’ora di tornanti sali e scendi percorribile solo in dondolanti e soporiferi mezzi, dal luogo in cui lavoriamo quotidianamente, Huanta. Noi quanto loro, gli autoctoni, siamo assorti nello stupito guardare attraverso il finestrino l’esilarante paesaggio che serpeggia mutevole tra agavi, tunas e capre arroccate. Non stanca mai, continua a catturare lo sguardo, si mostra in una serie di quadri perfetti dove hai sempre un particolare nuovo da osservare: il maiale che si grufola davanti alle case di fango sovrastate dalla tremolante scritta “Internet”; il rio in cui qualcuno si sta bagnando, la mujer che spunta dal nulla al di là di una curva col bimbo marsupiato nella coloratissima manta, il ponte Ayaharcuna sotto cui si usava far ritrovare ai campesinos i cadaveri dei loro cari assassinati e poi minuti e minuti di pure curve inscritte nella roccia e nella vegetazione.
Sicuramente non si sta comodi col compagno di asiento pressurizzato a fianco ma mi viene in mente che sul 27 la mia mirada deve appagarsi con l’Oviesse, una fiumana di gente velocemente indaffarata e gli anonimi palazzoni di viale Talenti. Tanti dei nostri corsisti abitano nei pueblos intorno a Huanta qunque, dopo aver passato la mattinata a scuola o a lavorare, si fanno anche una o due ore di viaggio per partecipare all’iniziativa…



La tempistica e la comunicazione

Il tempo peruviano sembra contato con un’unità di misura diversa da quella europea, è fatto di ritardi e traccheggiamenti – devo dire che ci stiamo anche adeguando bene – e la regola del gioco è risolvere i problemi un minuto prima che tutto il lavoro ti crolli addosso…è un modo affascinante e rilassato di affrontare la vita che ha poco a che vedere con quello sclerotico che ci appartiene! Senza voler troppo marcare facili generalizzazioni, sembra proprio che i peruviani amino essere cortesemente formali nel comunicare agli altri, si arrampicano in diplomatici giri di parole con l’intento di passare il messaggio, soprattutto quando si tratta di un diniego o di un differente punto di vista, in modo indiretto e con un’estrema cautela.


Nos comunicamos pronto

Chiara

venerdì 10 agosto 2007

Curso






Cari Soci.
Il corso è cominciato lunedì 6 agosto e dopo un inizio un po’ affannoso dovuto a ritardi e slittamenti, adesso viaggia a pieno ritmo. La nostra giornata tipo è: sveglia alle sette, riunione immediata ancora con cispe e grinze da cuscino per discutere il programma della giornata e organizzare il daffare prima dell’inizio del corso. Colazione ricchissima, salto all’ufficio dell’ong Mlal (organizzazione che accoglie il nostro progetto) riunione con il capoprogetto della zona, controllo della posta, un paio di stampe e poi, con uno spetezzante mototaxi, via al paradero per Huanta. Una combi dalle ruote lisce e dal conduttore spettinato ci porta per sette soles (circa due euro) al parque di Huanta all’incrocio con la avenida Jaime Ayala. Da lì andiamo a piedi fino all’ufficio di Aprohoviph dove alle tre in punto inizia il nostro corso di formazione per animatori alla lettura. Il gruppo con cui lavoriamo si è finalmente stabilizzato, sono 25 partecipanti tra i 15 e i 30 anni, tra i quali risplendono gli estremi: un ragazzetto sveglio e curioso di 13 anni ed un professore alto e timidissimo di 58 anni.


Durante gli anni della violenza della guerra interna, Huanta si è distinta per le atrocità che avvenivano all’interno dello stadio comunale. L’esercito della marina aveva riprodotto in piccolo la lezione Cilena ed Argentina, concentrando, torturando ed uccidendo dentro lo stadio i prigionieri che supponevano filo senderisti. Non da meno, gli irregolari del movimento filo maoista uccidevano i campesinos dei pueblos circostanti che non aderivano al processo rivoluzionario. Tutti i partecipanti al nostro corso sono testimoni, per un verso o per l’altro, delle violenze espresse tra il 1980 e il 2000 in questo angolo di Perù che delimita la vasta zona montagnosa della regione di Ayacucho, loro sono gli Afectados por la violencia politica de Huanta.
Ad oggi abbiamo consegnato i libri e i materiali acquistati durante le prime settimane limeñe. Ogni corsista riceve il rimborso per il viaggio di andata e ritorno e a fine lezione facciamo sempre una merenda collettiva a base di panini e Inca Cola (bevanda che si meriterebbe un post a parte). Questa settimana concluderemo la parte più prettamente teorica, per la quale abbiamo dovuto affittare a caro prezzo il video proiettore, e sabato lavoreremo tutto il giorno sulle tecniche di lettura a voce alta.




Del fondo iniziale di € 1358,00, raccolto con il vostro aiuto, ne abbiamo speso per ora circa la metà, e le previsioni di spesa ci mettono a disposizione circa cinquanta euro con i quali faremo un pranzo di chiusura del corso e di despedida.


Bene. Sono le sette e mezzo della mattina. Fuori dalla finestra i cani latrano, le bombe carta esplodono con un carezzevole tremor di vetri e il traffico della strada è già entrato nel vivo di marmitte intossicanti. E’ tempo di colazione, poi anche noi ci getteremo in questa Cafarnao delle Ande.
Saludos

giovedì 9 agosto 2007

Vado al massimo

Antefatto
Se non avete viaggiato, se non avete tormentato i vostri piedi fino a farli chiedere pietà, se non avete odorato gli afrori indigeni della miseria o il caldo soffocante di un pulmanino sgangherato zeppo di gente fino a scoppiare, se non avete sofferto le pene dell’inferno per raggiungere una meta, qualunque fosse, allora chiudete questa pagina e andatevene altrove. Qui si narrano fatti cose e accadimenti che non vi riguardano.

Ida
Se hai poco devi fare con quello che hai. Gran parte della filosofia di vita del sud America si riduce a quest’assunto lapidario. Un furgoncino omologato 13 posti porta venti persone su per il Cañon dal cerro di Humanga arriva fino al cerro di Huanta. I due distretti fanno parte della regione di Ayacucho, una zona montagnosa nella serra peruviana dove, con affascinate alternanza, si intrecciano il clima secco e torrido della sierra con le fertili e rigogliose piane che costeggiano il fiume. Due i colori principali che sfumano. Il giallo della parte alta, tendente all’ocra, dove le piantagioni di tapa (fico d’india) si fanno estese e ininterrotte fino a diventare rosse, dove i sedimenti ferrosi tradiscono l’abbondanza di materie prime e miniere. Il verde, quello abbacinate delle coltivazioni di insalate, quello azzurrognolo dell’acqua del rio e quello della speranza. Quando hai poco, dicevo, devi fare con quello che hai. E’ allora che maturi lo stato d’animo per cui se qualcosa deve andare male, andrà male la prossima volta. Il nostro furgoncino conosciuto come combi, ci porta spediti curva dopo curva in direzione di Huanta. Silenziosi passeggeri quechua dormicchiano sballottati da una carrettera che ha il fondo stradale dalla FiPiLi a metà agosto. Io prego molto, perché le ruote lisce del veicolo non cedano proprio oggi che è il primo giorno di corso. Non starebbe bene arrivare morti all’incontro di presentazione. A qualche chilometro dalla meta salgono sparuti e indifferenti altri quechua raccatati dal chofer. Siamo 23 ben pigiati dentro questa scatola polverosa. A un chilometro dall’arrivo il guidatore si ferma e ci chiede di pagare il pasaje. Si usa così.
Io lo fisso negli occhi, il mio sguardo è tagliente e inequivocabile, il suo è quello di un ubriaco assetato del sorso successivo. Il mio sguardo dice “amico non ci riprovare a guidare così o giuro che ti faccio la pelle”. Il suo dice “3 soles cincuenta”. Pago. Scendiamo.

Corso
Io e Chiara ci facciamo un chilometro sotto il sole rovente della sierra andina. Vi siete mai chiesti perché i quechua hanno il viso arroventato e screpolato a 3000 metri di altitudine? Caspita se picchia lo stellone. I miei labbri sono un fuoco. Le mie spalle sono appese a uno zaino pieno di libri e materiale vario, le mie braccia circondano la scatola con le cartelline, le penne, i lapiz, i quaderni per 25 persone. Chiara si trascina i cinque chili di portatile. Despacio gringos.
Arriviamo al centro juvenil de la Casa de la Memoria. Buenos dias…

Vuelta
“Gracias por haber venido a esto primer dia de presentación”. Salutiamo i corsisti che sono le 5 e trenta del pomeriggio. La nostra coordinatrice peruviana, più attratta dalla nostra giaculatoria che dai compiti che le avevamo pregato di assolvere decide di rimandare a poi la ricerca del video proiettore per la lezione seguente. Usciamo quindi diligenti in fila indiana (andina) alla ricerca del data show. Altri chilometri a piedi. Sono già dodici ore che siamo desti e attivi ma le nostre occhiaie non fanno presa sulla cortese attendente che: “ahime’ il data show serve alla ditta che sta affrontando una settimana di capacitación!”. Ripartiamo alla volta di un’altra officina che però pensiamo bene di chiamare per telefono: nessuno contesta. “Che ore sono Gespo?”- “le sei e mezzo”. Siamo vicini al’equatore, le giornate durano esattamente dodici ore. Alle sei di mattina lo stellone sorge, alle sei di sera lo stellone tramonta. Gli Inca lo adoravano. Apollinea divinità che li ha resi dominatori su tutte le civiltà del Perù, dell’Equador, fino quasi alla Colombia… Almeno per settant’anni. Poi è arrivato Pizarro e addio Atahualpa. Ma adesso noi siamo al buio. Con la triste prospettiva di fare al reves una strada che di notte diventa luogo di caccia per i ladrones. L’ultima combi è partita alle sei. Dovremo affidarci a una impresa di viaggio ovvero un pulman gigante diretto a Lima che ferma anche a Huamnaga. Se hai poco devi fare con quello che hai. L’impresa parte alle sette e mezzo peruviane. Preventiviamo già mezz’ora di ritardo. Prima salgono quelli con il biglietto prenotato. Poi noi Gli ultimi arrivati. Prima di noi: quechua diretti a Vitarte, sacchi di patate, ortaggi, agnelli legati per le zampe. Il pulman e’ full. Ci dicono. Viaggeremo in piedi. Bene partiamo. L’ora passa velocemente. Parlando e ridendo di un’avventura che racconteremo ai nipoti. Solo non auguro a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico, di subire il supplizio di un’ora di musica popolare santiagueña. Un misto di sonorità tra i canti cinesi di propaganda maoista e la tammurriata.

Hasta siempre.
Gespo

sabato 4 agosto 2007

Ultimi giorni a Lima

L’ultimo giorno che abbiamo passato a Lima ci siamo divisi: Andrea è tornato alla Feria del Libro in Jokey Plaza – vedi post precedente - mentre io ho deciso di incontrare un prete fiorentino, precisamente originario di Scandicci, che dopo varie altre esperienze in Sud America, vive a Lima da dieci anni. Roberto, un uomo non molto alto di circa sessantacinque anni, di cui mi aveva parlato un commerciante scandiccese, si presenta puntuale davanti al tendone del Circo Etno dove avevamo fissato…siamo noi che arriviamo in ritardo…impacciate presentazioni, un veloce saluto ad Andrea che deve scappare ai talleres sull’animazione alla lettura e, finalmente, el cura y yo saliamo su un taxi alla volta del marginale distretto di Vitarte.
Sfilano davanti noi le limeñe casette quadrate costruite con materiale sempre più povero via via che ci allontaniamo da Javier Prado. Mentre il tassista è costretto a fare una curva a gomito, Roberto mi racconta delle false promesse dello Stato sulla costruzione di migliori vie di comunicazione tra questo e gli altri distretti di Lima. Arriviamo nella piazzetta antistante la sua chiesa e il racconto prosegue su come essa sia cresciuta piano piano, attraverso i fondi del Vaticano e le offerte raccolte da amici italiani “Pensa che fino a non molto tempo fa per fare la doccia dovevamo passare in asciugamano dal cortile…i fedeli potevano vederci in ogni momento”. Una volta entrati nella chiesetta non posso fare a meno di notare il contrasto tra le sedie in plastica che prendono il posto degli inginocchiatoi e i tre ricchissimi pannelli che sovrastano l’abside avvolgendola nell’oro. “Eppure mi sono familiari” penso nello stesso istante in cui il prete mi svela che le immagini sui pannelli sono tali e quali le raffigurazioni della Chiesa di San Bartolo in Tuto a Scandicci, li ha fatti riprodurre a Firenze per portarli qua a Lima. Dopo avermi presentato Paolina, una perpetua peruviana ormai esperta di cucina italiana – clamorosi i suoi fagioli all’uccelletto! – facciamo un giro nel piccolo mercato che sta dietro alla chiesetta: tutti sorridono e salutano el cura Roberto, una venditrice ci regala delle banane e granadillos, anche dette “muco de monos” per la viscida sostanza della polpa ticchiolata di sgranocchianti semi. Montiamo su un moto-taxi e ci dirigiamo verso gli asentamentos humanos, praticamente delle colline ai margini del distretto su cui si stagliano le baraccopoli, spazi improvvisamente occupati da gruppi di persone poverissime, a volte interi paesi di campesinos, che immigrano in città e colonizzano questi terreni costruendo – mi spiega il prete – in tre volte le loro baracche: prima con palizzate di legno e foglie di palma intrecciate per tetto e, piano piano, creando attorno le mura e un tetto di latta. Ai margini di questi asentamentos, le case di coloro che già occupano il distretto si chiudono in fortezze fatte di alti cancelli e turni di “guardie”, pronte a difendersi dalla estrema povertà. Camminando per i vicoletti fatti di terra battuta e fango, salutiamo delle bambine trecciute e sorridenti, el cura chiacchiera con un bimbo circa il catechismo dopodichè arriviamo a una scuola: alcuni ragazzetti in uniforme stanno uscendo, altri parlottano all’entrata e i loro sguardi mi fanno sentire un’aliena…quando ti trovi in posti del genere lotti continuamente tra la voglia di immortalare quei visi, quei corpi avvolti da abiti dimessi, la povertà come anche la sporcizia che li circonda, poiché sono veramente tanto distanti da noi e dal nostro modo di vivere, e la paura di cadere nella rete del proprio edonismo, nel sacco del fortunato che gioca sprezzante sui mali altrui. Roberto insiste per portarmi a pranzo in un posto dove cucinano parrillada brasiliana, carissimo per essere in Perù; non è riuscito ad andarci per il suo compleanno dunque vuole cogliere l’occasione per brindare assieme a me. Un’infinita quantità di spiedi con svariati tipi di carne volteggia nel ristorante, gli infaticabili e impeccabili camerieri van vorticosamente affettando filetti, cotolette e salsicce per i tavoli provvisti di una sorta di semaforo da usare per accettare o meno la carnivora offerta. Non so come fare, dopo aver visto come si vive in Vitarte mi sento fuori luogo in un posto dove è impossibile non riempirsi la pancia ma capisco che Roberto concede questo pranzo a me quanto a lui con sincero piacere, volendo investire così il regalo di compleanno ricevuto dalla sorella...dunque non faccio tante storie, tanto più che il cibo è veramente buono e la conversazione piacevolmente intima: ci scambiamo informazioni ognuno sul proprio lavoro e quando mi parla della sua “missione” a Lima, i suoi profondi occhi azzurri, a momenti timidi e sfuggenti, sanno raccontare molto più delle sue parole. El cura mi accompagna a prendere il combi e ci salutiamo. Sono pronta a tornare in Jesus Maria quando dal combi leggo, scritto a lettere cubitali su un palazzone grigio, BNP Biblioteca Nacional de Perù…la tentazione è troppo forte, scendo frettolosamente in Avenida de la Poesia e mi immergo nella biblioteca più grande del Paese.
Chiara