martedì 18 novembre 2014

Libernauta? Quindici Si Rivede!


Quando arrivano i libri di Libernauta è sempre un momento emozionante. Li vedi lì, lucidi, puliti, impettiti come scolari al primo giorno di scuola. Pronti ad entrare in azione e interazione, ben farciti di storie da sprigionare e seminare. Li vedi così e ti fanno quasi tenerezza, perché sai già che tra un paio di mesi non saranno più gli stessi, così come noi che li raccontiamo. E’ come iniziare un’esperienza con gente inizialmente sconosciuta, ma in un clima talmente intimo e ad un ritmo talmente intenso, che in poco tempo si matura quella confidenza diretta e schietta: ci si sbraca, ci si dà del tu, si riscopre la magica sensazione di avere in bocca tutte le parole che indossano perfettamente ciò che vuoi comunicare. Purtroppo i ragazzi li incontriamo una volta sola; ma loro, i libri, ce li portiamo dietro per oltre 100 incontri. E giorno dopo giorno, classe dopo classe, assistiamo ammaliati al loro progressivo trasformarsi da entità monolitiche a dinamiche vite di carta che si spalancano curiose sul mondo, interagiscono e si autopropongono, saltandoci fra le mani quando riconoscono il loro momento di entrare in gioco. E inglobano tra le pagine altre esistenze, storie, commenti, pernacchie, sussulti e muggiti. Così, mentre noi -per dirla col Subcomandante Marcos- ci consumiamo nel corpo e cresciamo nel cuore, loro si spettinano, si orecchiano, si aprono spontaneamente alla pagina in cui essi stessi scoprono di arrivare con più forza a chi li ascolta.
Li vedi belli lì, adesso, i libri di Libernauta; ritti nella loro scatola, freschi, vanesi e profumati di stampa. Non sanno cosa li aspetta, quando conosceranno le vite degli altri e diventeranno, alla fine del viaggio, appassionati bohemiens, custodi fedeli di cento segreti, mille intrecci, centomila avventure.

“Ma dove diavolo avrò messo gli occhiali…” Vi sfido, vi sfido due volte a dirmi il vostro primo pensiero della mattina. La “sporca” quindicina attera nella nostra sede, generalmente una ventina di giorni prima dell’inizio degli incontri in classe. Da quel momento non esistono più cene fuori con gli amici, la partita di coppa al circolino, il cinemino, le improvvisate e il “che fai stasera? Un aperitivo?”… nooo c’ho da leggere i libri di Libernauta... Tutti d’un fiato. La mattina il nostro primo pensiero da qualche settimana a questa parte è individuare l’origine di quel dolore che ti affligge ora le reni, ora le gote, ora un braccio: ed è sempre la costola di un libro di Libernauta. C’assopiamo così. Con gli occhi gonfi di parole stampate… Parole che ci accompagnano poi nella quotidianità che ci aspetta for dell’uscio… la corsa alla stazione, il treno, il tram, la pioggerella che impillacchera le pagine, il caffè al bar, due minuti una pagina, un capitolino. Sapete, non è uno spettacolo edificante per la società che ci circonda vederci seduti capochinoni sul libro, improvvisamente esplodere in una risata sguaiata o in un commento a voce alta. Salta la dinamica della convenzione e noi lettori animatori diventiamo voi… senza remore… spregiudicati e spettinati. In fronte un cartello di marmo che dice: sto leggendo sicché vedete di non infastidirmi. Li viviamo fin sotto il cuoio quei mondi che vi raccontiamo… e se foste un poco più attenti vi accorgereste anche che certi libri, certe storie proprio non ci piacciono. E che fatica arrivare in fondo: che poi mica è detto che ci arriviamo… Ah-a. In tanti anni di operosa attività al servizio dei banchi di scuola, chi di voi dubitasse della nostra conoscenza delle tecniche basilari dovrebbe essere appeso a testa in giù nell’inferno degli spellati vivi.
Poi verso fine novembre ci rifacciamo la pettinatura e ricerchiamo le migliori espressioni facciali. Il bon ton, il Lei, il sapone alla lavanda e le scarpe tirate a lucido. Quando entriamo in classe, e il vostro olezzo della terza ora ci stringe la gola, sappiamo esattamente dove andarvi a scovare. Muraglia di cartelle che non siete altro. Risate agonizzate nell’interno del gomito. Vortici di cicchini e sguaiatezza… sapete cosa siete stati capaci di fare in nostra presenza e alle nostre spalle? Avete letto tutto… Maledetti… quando la finirete di aumentare? Anno dopo anno vi siete iscritti in un numero sempre maggiore! Avete vinto i premi e siete stati prodighi di suggerimenti… ma dico io che si fa così? C’era un patto non scritto… Noi siamo quelli dall’altra parte della barricata… Avevamo della aspettative su di voi. Che delusione… vedervi diventare lettori ed esigere sempre di più… Ma quest’anno escogiteremo un piano B, una via d’uscita da questa relazione che ci vede avvinghiati da quindici anni… Ah mi piacerebbe davvero tanto vedere voi che venite a raccontare le storie a noi… vedervi faticare e arrancare con uno zaino pieno di libri. Non importa il clima o lo stato di salute: lì presenti, impettiti, stoici, tirar fuori la voce e dire: buon giorno a tutti, siamo qui per presentarvi libernauta, chi di voi ne ha mai sentito parlare… O vediamo che succede.


Margherita Micali
Andrea Gasparri

domenica 16 novembre 2014

Yo sé leer. Io so leggere



Lo scorso 17 ottobre il cadavere di Margherita Santizo è stato vegliato nella via Bucarelli a Città del Messico, proprio davanti alla Segreteria di Governo. Si compiva così l’ultima volontà della defunta, che aveva cercato invano suo figlio scomparso (desaparecido)

La scena serve da allegoria per un paese dove la politica si sta trasformando in rito funebre.
Il giorno 26 settembre la spirale di violenza ha raggiunto un livello superiore con l’assassinio di sei giovani e il successivo sequestro di 43 studenti normalistas[1] a Ayotzinapa. Quel giorno mi trovavo all’università di Guerrero per dare una conferenza su José Revueltas. Il mio anfitrione era un alto funzionario dell’Università che in gioventù aveva preso fatto parte alla guerrilla di Lucio Cabañas, lo scrittore comunista, tante volte incarcerato per le sue idee. Il funzionario colse l’opportunità per raccontarmi qualcosa della sua traiettoria politica: “Lucio Cabañas mi salvò la vita”, avviò a parlare con un misto di ammirazione e tristezza. “Mi obbligò a scendere dalla sierra (montagna) prima che cominciassero a uccidere la sua gente. Mi disse ‘No sembri proprio un contadino. Se ti trovano non potrai raccontare che sei venuto per la semina. Devi andare a continuare la battaglia in un luogo più appropriato: nelle aule delle scuole’”.

L’esigenza del guerrillero significò la perdita di un’illusione. Allo stesso tempo, il solitario cammino di ritorno alla vita civile permise che un combattente restasse in vita.
La grande parodia dello Stato di Guerrero è che essere maestro è comunque una occupazione ad alto rischio. Cabañas nacque in un paese che rifiutava il proprio nome (el Porvenir)[2] e si dedicò all’insegnamento nella scuola primaria. Fin da subito si rese conto che era impossibile insegnare a dei bambini che non potevano mangiare. Così, allo stesso modo che un altro maestro, Genaro Vázquez, creò un movimento per migliorare la vita dei suoi alunni e si scontrò con l’ottusità istituzionale. Col passare del tempo coloro che insegnavano a leggere iniziarono a radicalizzare i metodi di lotta.
L’insegnamento diventava una sfida in un’area del Messico nella quale il dissenso veniva messe a tacere a colpi di pistola. Negli anni sessanta del XX secolo i due terzi della popolazione di Guerreo erano analfabeti. La Normal di Ayotzinapa sorse per rimediare a questa situazione e tuttavia no poté non affrontare mali maggiori come la diseguaglianza sociale, il potere dei caciques[3], la corruzione del governo locale, la repressione come risposta al malcontento, l’impunità della polizia e la crescente ingerenza del narcotraffico.

Queste piaghe non sono assenti in altre parte del Messico, ma la peculiarità di Guerrero è che quest’ignominia è stata sempre e continuamente combattuta da movimenti popolari.
In Mexico Armado[4], libro fondamentale per capire questo conflitto, Laura Castellanos racconta il percorso dei maestri verso la guerrilla. Genaro Vázquez fondò una Associazione Civica che ricevette il ripudio delle autorità e il nomignolo di “Civicolocos”[5]. Da parte sua Lucio Cabañas creò il partito dei poveri, pero non riuscì a incidere nella politica locale. Il governo offrì ai rappresentati di quel partito, denaro e poltrone (che nella città di Guerrero sono sinonimi), I lider politici però si negarono ad accondiscendere a questo tipo di negoziazione e optarono per un cammino senza ritorno verso la montagna[6].

La selvaggia repressione della guerriglia passò alle cronache con il ridondante nome di “guerra sucia”[7].  Dopo la morte di Cabañas ci furono 173 desaparecidos.
Castellanos scrive a proposito della base aerea di Pie de la Cuesta, Acapulco, da dove gli aerei decollavano per gettare y dissidenti nell’oceano, una pratica inclemente che poi useranno anche le dittature di Cile e Argentina. Negli anni settanta, durante la presidenza di Luis Echevarría, il Messico era un paese schizofrenico che da un lato dava asilo ai perseguitati politici di tutto il Sudamerica e dall’altro seppelliva i propri dissidenti in alto mare.

Ad Acapulco si parlava di José Revueltas e Lucio Cabañas quando siamo venuti a sapere che sei giovani erano stati assassinati nel municipio di Iguala. Questa notizia dannata veniva aggravata da una certezza: l’orrore prodotto non era niente di nuovo, veniva bensì da molto lontano. A Guerrero, la violenza è stata sistematicamente alimentata dai massacri commessi dall’esercito e dai gruppi paramilitari. Luis Hernández Navarro, autore di un libro cruciale su questo tema (Hermanos en armas)[8] segnala che tutti i movimenti di sollevazione popolare della regione sono sorti in conseguenza a degli stermini (quella di Iguala 1962 produsse il sollevamento di Genaro Vázquez,; quella di Atoyac nel 1967, di Lucio Cabañas; quella di Aguas Blancas nel 1995, dell’Esercito Popolare rivoluzionario). Quale sarà il saldo del 2014? Il narcotraffico ha acquistato forza con la presenza alternata dei cartelli di La Familia, Nueva Genración, i Beltrán Leyva i Guerreros Unidos. Pero questo fenomeno non è la principale causa del deterioramento sociale. In questo territorio bipolare, il carnevale convive con l’apocalisse. L’emporio turistico di Acapulco e la ricchezza dei caciques[9] contrastano con la povertà estrema della popolazione. La vergognosa disuguaglianza sociale giustifica il malcontento e spiega il perché molti non trovino miglior rimedio alla loro condizione che piantare marijuana o uccidere per denaro.

Nel 2011, il Partido de la Revolución Democratica fece salire al governo della citta Ángel Aguirre, che era appartenuto al PRI con funzione di governatore interno nel 1999, sostituendo il suo capo partito Rubén Figueroa, responsabile del massacro di Aguas Blancas. La sua elezione non fu altro che una tornata opportunamente studiata per raccogliere consenso politico con l’astuto messaggio di un’alternanza al potere. Come le navi che utilizzano l’insegna di Panama, così il PRD si è trasformato in un’entità che mette in affitto la propria bandiera a seconda della convenienza. Nella caccia al potere per il potere, il Partito ha sostenuto un personaggio che mai e poi mai avrebbe combattuto la corruzione, né tantomeno l’ingiustizia. Sotto la protezione di questa gestione si sono susseguite figure degne de I Soprano, come il sindaco di Iguala, José Luis Abarca, anch’egli del PRD e attualmente latitante.
In maniera del tutto inverosimile, la cupola di partito ha appoggiato Aguirre dopo la scomparsa degli studenti. Solamente la pressione sociale riuscirà a farlo dimettere, ma in nessun modo a mitigare l’eclissi del “Partido del Sol”[10].

Durante le ricerche degli studenti normalisti scomparsi si sono incontrate fosse di altri morti. Dal 2005 alla data odierna sono state trovate 38 cripte. Scavare la terra a Guerrero è un inevitabile atto forense.
Durante mezzo secolo, gli abusi delle autorità sono stati ripudiati da una popolazione povera ma politicizzata. La Scuola Normale rappresenta un centro nevralgico della contestazione. Infatti conviene ricordare che durante gli anni sessanta uno dei sui attivisti era proprio Lucio Cabañas. Il 26 di settembre ci sono stati quattro distinti scontri a fuoco in direzione di un unico obiettivo: i giovani. Con l’appoggio della criminalità organizzata, il sindaco Abarca seminò il terrore al fine di intimorire gli studenti normalisti che erano scesi in piazza per commemorare le vittime della mattanza di Tlatelolco. Una volta messo in funzione il meccanismo repressivo venne crivellata di colpi anche una squadra di calcio. Il suo delitto? Essere composta da giovani; ovverosia possibili ribelli.
“Esiste una tensione fra leggere e agire politicamente” scrive Ricardo Piglia. Interpretare il mondo può far scaturire il desiderio di trasformarlo. Occasionalmente la lettera e l’ortografia stessa sono un gesto politico che sfida un ordine barbaro: “Potremmo parlare della lettura in situazione di pericolo. Sono sempre situazioni di lettura estrema, fuori contesto, in circostanze di smarrimento o dove si insinua una minaccia di distruzione. La lettura si oppone a una vita ostile”, afferma Piglia ne El último lector[11].

Il Che Guevara passò la sua ultima notte in una scuola rurale. Ormai ferito, contemplava una frase scritta alla lavagna e disse alla maestra: “manca l’accento”. La frase era “Yo sé leer” (Io so leggere). Ormai sconfitto, il guerrigliero recuperava un’altra forma di correggere la realtà.
Sono ormai diversi anni che i maestri di Guerrero braccati dal Governo hanno deciso di prendere in mano le armi. Lucio Cabañas decise di salvare uno dei suoi affinché tornasse a l’insegnamento, unico strumento di lotta in un paese senza legge.
43 futuri maestri sono scomparsi. La dimensione del dramma si misura in una frase che si oppone all’impunità, all’ignominia e all’ingiustizia: “Io so leggere”. Il Messico delle armi teme coloro che insegnano a leggere.
A questo paese gli manca l’accento. Arriverà il momento di metterglielo.

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Juan Villoro

Pubblicato in El País 4/11/2014
Traduzione e note: Andrea Gasparri






[1] Estudiantes Normalistas sono gli studenti di magistero, tuttavia nella realtà contingente si definisce con questo nome un collettivo organizzato di studenti, del quale fanno parte anche i 43 desaparecidos di Iguala. (Ndt.)
[2] El Porvenir , ovvero L’Avvenire.
[3] Cacique è un personaggio influente nelle comunità rurali. Non è necessario che rivesta un ruolo politico. Si tratta di una figura che nei popoli originaria aveva un ruolo di mediatore riconosciuto, ma che nella società moderna assume piuttosto il ruolo di capetto, di padrino.
[4] Castellanos, L., Mexico Armado, Paperback, 2007. Non ho trovato nelle mia veloce ricerca in internet un’edizione in Italiano di questo testo.
[5] Civicolocos ovvero Civicopazzi, Civicogrulli.
[6] Ovvero presero la via della lotta clandestina su in montagna.
[7] Guerra sucia ovvero guerra sporca
[8] L. H. Navarro, Hermanos en armas, http://alainet.org/images/autodenfensas.pdf
[9] cfr. nota 3
[10] Il PRD è altimenti conosciuto come il partito del sole azteco, per via del simbolo che riproduce un Inti (sole azteco) stilizzato. (ndt.)
[11] R. Piglia, El último lector, Anagrama, 2005

domenica 11 maggio 2014

Narratori in cammino? Ricapitoliamo



Un capitolo importante sui cui vale la pena capitolare, una volta capiti certi capienti capisaldi della caparbia, compunta competizione che si cela dietro i libri, è quello dell’amore per la lettura. Certo, perché poi si legga è davvero un mistero. Perché si dedichi tempo e spazio alla capochinatura della cervicale su tomoni legnosi o tomini tascabili, bah… vai a sappi tu. Ma c’è un orda di indefessi templari del testo che vanno oltre la lettura ed essi sono i promotori, gli animatori, i divulgatori delle pagine scritte… Ah! mendaci monatti, uggiosi, urticanti untori, peste vi colga. Ma quanti e quali sono? In che modo essi si presentano all’urbe o al contado?
Ora accade che siccome io da un anno a questa parte mi son messo in testa l’idea meravigliosa di far da Cesare tra i ragazzi, mercé un pulmino che vorrò comprare e ripienare di libri, i miei cari contubernali mi invadono con deliziose pagine di ispirazione e spunto, in pratica mi spuntano sul face… mi spuntano nel viso esperienze a giro per il mondo, che hanno in comune con la mia idea un mezzo di locomozione e l’amore per la divulgazione delle storie. Ecco allora la necessità in questo giorno di mammosi festeggiamenti di mettere in fila longobarda tutte le realtà a me note di animatori a motore a pedali a quattro zampe a piedi… Ovviamente, non essendo una lista chiusa, siam ben disposti ad aggiungere all’infinito nomi, cose, cittá ecc ecc
Ordine sparso? M’è parso dir bene:

Biblioburro

Quando ancora lavoravo a Buenos Aires, poco meno di un paio di anni fa, arrivò in biblioteca una collega della scuola, armata d’un sorriso alla grazie-mamma-per-avermi-fatto-le-orecchie, dicendomi di guardare questa pagina: http://biblioburrosinfronteras.blogspot.it
Siamo in Colombia, nella provincia di Magdalena. Il signor Luis Humberto Soriano Bohórquez, un professore sensibile allo stato di alfabetizzazione dei bambini dei paesini disseminati per la provincia dell’entroterra colombiano, decide di mordere la strada con due somari, Alfa, la somara e Beto il somaro. Li carica con due gerle ciascuno ripiene di libri e inizia la sua avventura di animatore somarizzato.


La lettrice vis a vis

La mia collega Margherita è una pentola a pressione. Un giorno o l’altro fischia e ci troveremo all’uscio della sede un cartello bello grande che dice: sono uscita un attimo a portar fuori il cane. Solo che lei non ha un cane. Ha però un fiuto incredibile per tutte quelle esperienze che stuzzicano la mia inclinazione a periodiche fughe e il suo senso del “prima o poi fuggo”.
Insomma in una di quelle eccola che arriva con la pagina facebook di una sua conoscente Torinese: La Lettrice vis à vis. Al secolo Chiara Trevisán.

Così si presenta:
Micro-Performance partecipative di lettura e conversazione
per un ospite alla volta
con realizzazione di cataloghi ad hoc
Chiara ha creato un personaggio di una semplicità devastante. Una bicicletta con carrozzino attaccato, uno sgabellolibro, un paio di scarpe azzurre con la punta bianca e con un tacco importante, colori che vanno dal vinaccia al celeste. Avvolta in un sorriso contagia i sassi ti legge in viso… Ancora non ho provato la cura vis à vis… Ma fate conto che manca poco.

Pianissimo


Filippo Nicosia ormai è una specie di rock star dei libri in cammino. Siciliano, di Messina, ha riempito un vecchio fiat panorama di libri che porta in giro per la sua isola. In realtà ormai viaggia da nord a sud con disinvoltura e vive delle esperienze, anche estreme, che non fanno altro che arricchire il fascino del suo progetto. A Milano, ad esempio, qualche mese fa gli hanno rubato il camioncino. Dopo un paio di giorni è stato ritrovato in zona Navigli da un lettore iscritto alla pagina facebook di Pianissimo. Mancava solo qualche libro il che è interessante perché dà l’idea di un ladro appassionato alla lettura… no?
In questi giorni Nicosia è al salone del libro di Torino… Manco ve lo sto a dì. Due piccioni con una fava. Nicosia-Trevisan  Fossi in voi ci farei un pensierino a Torino…

El Proyecto Educativo Nómada

Ah questi ragazzi mi mettono un prurito ai piedi che non vi dico. Ho avuto in sorte di sfiorare il cammino di Juan Villarino… Siamo stati ospiti couchsurfing di una meravigliosa ragazza di Santa Cruz de la Sierra in Bolivia, in tempi diversi, per cui lei ha fatto da tessuto connettivo mettendo me in contatto con Juan. Il ragazzo viaggia per il mondo in autostop… con un budget giornaliero di 7 dollari. Volete di più? Vive de libri che scrive. Ne volete ancora? Adesso sono in due, Juan y Laura. Una coppia che viaggia a cavallo di pollice a caccia d’un passaggio per arrivare un poco più in là per vivere e raccontare il pianeta. I due, oltre a scrivere libri, hanno messo in piedi un progetto educativo che ha l’obiettivo di portare nelle scuole i loro racconti di viaggio, la loro geografia vissuta, i racconti reali d’un mondo altrimenti descritto in fretta e furia.
Se poi vi nascesse la curiosità per saperne di più anche sulla loro esperienza di viaggio:

Arma de Instrucción Masiva

Questo citrullo da collezione l’ho conosciuto nel 2011. Me ne stavo tornando con un volo a Buenos Aires dopo aver passato le feste di Natale a casa dei miei. Nella tratta San Paolo Buenos Aires mi si siede accanto un tipo con uno sguardo fulminato che non smette di parlare per un minuto. Argentino, sta tornando a casa e pure lui sta viaggiando dall’Italia. È stato a Genova per un periodo dove, mi dice, ha riproposto il suo progetto di Arma d’istruzione di massa. Mi fa vedere delle foto dove appare questo carrarmato, o meglio questa macchina trasformata in una specie di carrarmato foderato di libri. È geniale il tipo e mi svezza subito al modo di parlare del barrio, tirando due o tre espressioni che mi rimarranno stampate in testa per sempre: berreta, botón, chamullo, chusmear… Va beh queste ve le spiegherò in altra sede. Intanto guardatevi questo

Il bibliomotocarro

L’esperienza del Maestro La Cava è quella che in questi giorni sta spopolando sulla rete. Il signore della Basilicata taglia il traguardo dei 15 anni di divulgazioni di libri e promozione della lettura con il suo Bibliomotocarro. Riceverà anche il premio simpatia “Il Premio, ideato da Domenico Pertica, “è un riconoscimento verso chi ha contribuito a dare alla società il meglio di sé stesso; e chi arricchisce ed esalta i valori essenziali della vita con opera, ora umile ora eccelsa, ma comunque sempre degna di riscuotere il plauso e la simpatia universali…”.



Biblioape

A fare il paio al Bibliomotocarro sono questi ragazzi della provincia di Pisa che hanno messo in piedi l’esperienza della Biblioape, una piccola biblioteca su tre ruote che propone un modo alternativo per sostenere la lettura. Loro li ho incontrati ad un fiera del libro a Cascina. La loro apina blu e gialla risaltava nella piazza del paese. Pieni di libri e di entusiasmo…


La tenda delle storie

Ed eccoci qua anche noi. Una tenda perché è un luogo riparato, affascinante e misterioso. Direttamente collegato al viaggio, anzi al primo viaggio. Il primo viaggio, almeno per noi cresciuti nell’altro secolo, è sempre stato in tenda. Dico il primo viaggio da soli, con gli amici, all’avventura… La nostra è una tenda fuori dal tempo e dallo spazio. Che mischia generi ed estetiche. Pregna di storie pronte a traboccare ad uno schiocco di dita.
Carichiamo tutto su una macchina capiente e via dove il destino ci chiama…

Bon detto questo adesso vado proprio a pulire la casa che è domenica ed è primavera.
Trallallaaaaaa.