sabato 4 agosto 2007

Ultimi giorni a Lima

L’ultimo giorno che abbiamo passato a Lima ci siamo divisi: Andrea è tornato alla Feria del Libro in Jokey Plaza – vedi post precedente - mentre io ho deciso di incontrare un prete fiorentino, precisamente originario di Scandicci, che dopo varie altre esperienze in Sud America, vive a Lima da dieci anni. Roberto, un uomo non molto alto di circa sessantacinque anni, di cui mi aveva parlato un commerciante scandiccese, si presenta puntuale davanti al tendone del Circo Etno dove avevamo fissato…siamo noi che arriviamo in ritardo…impacciate presentazioni, un veloce saluto ad Andrea che deve scappare ai talleres sull’animazione alla lettura e, finalmente, el cura y yo saliamo su un taxi alla volta del marginale distretto di Vitarte.
Sfilano davanti noi le limeñe casette quadrate costruite con materiale sempre più povero via via che ci allontaniamo da Javier Prado. Mentre il tassista è costretto a fare una curva a gomito, Roberto mi racconta delle false promesse dello Stato sulla costruzione di migliori vie di comunicazione tra questo e gli altri distretti di Lima. Arriviamo nella piazzetta antistante la sua chiesa e il racconto prosegue su come essa sia cresciuta piano piano, attraverso i fondi del Vaticano e le offerte raccolte da amici italiani “Pensa che fino a non molto tempo fa per fare la doccia dovevamo passare in asciugamano dal cortile…i fedeli potevano vederci in ogni momento”. Una volta entrati nella chiesetta non posso fare a meno di notare il contrasto tra le sedie in plastica che prendono il posto degli inginocchiatoi e i tre ricchissimi pannelli che sovrastano l’abside avvolgendola nell’oro. “Eppure mi sono familiari” penso nello stesso istante in cui il prete mi svela che le immagini sui pannelli sono tali e quali le raffigurazioni della Chiesa di San Bartolo in Tuto a Scandicci, li ha fatti riprodurre a Firenze per portarli qua a Lima. Dopo avermi presentato Paolina, una perpetua peruviana ormai esperta di cucina italiana – clamorosi i suoi fagioli all’uccelletto! – facciamo un giro nel piccolo mercato che sta dietro alla chiesetta: tutti sorridono e salutano el cura Roberto, una venditrice ci regala delle banane e granadillos, anche dette “muco de monos” per la viscida sostanza della polpa ticchiolata di sgranocchianti semi. Montiamo su un moto-taxi e ci dirigiamo verso gli asentamentos humanos, praticamente delle colline ai margini del distretto su cui si stagliano le baraccopoli, spazi improvvisamente occupati da gruppi di persone poverissime, a volte interi paesi di campesinos, che immigrano in città e colonizzano questi terreni costruendo – mi spiega il prete – in tre volte le loro baracche: prima con palizzate di legno e foglie di palma intrecciate per tetto e, piano piano, creando attorno le mura e un tetto di latta. Ai margini di questi asentamentos, le case di coloro che già occupano il distretto si chiudono in fortezze fatte di alti cancelli e turni di “guardie”, pronte a difendersi dalla estrema povertà. Camminando per i vicoletti fatti di terra battuta e fango, salutiamo delle bambine trecciute e sorridenti, el cura chiacchiera con un bimbo circa il catechismo dopodichè arriviamo a una scuola: alcuni ragazzetti in uniforme stanno uscendo, altri parlottano all’entrata e i loro sguardi mi fanno sentire un’aliena…quando ti trovi in posti del genere lotti continuamente tra la voglia di immortalare quei visi, quei corpi avvolti da abiti dimessi, la povertà come anche la sporcizia che li circonda, poiché sono veramente tanto distanti da noi e dal nostro modo di vivere, e la paura di cadere nella rete del proprio edonismo, nel sacco del fortunato che gioca sprezzante sui mali altrui. Roberto insiste per portarmi a pranzo in un posto dove cucinano parrillada brasiliana, carissimo per essere in Perù; non è riuscito ad andarci per il suo compleanno dunque vuole cogliere l’occasione per brindare assieme a me. Un’infinita quantità di spiedi con svariati tipi di carne volteggia nel ristorante, gli infaticabili e impeccabili camerieri van vorticosamente affettando filetti, cotolette e salsicce per i tavoli provvisti di una sorta di semaforo da usare per accettare o meno la carnivora offerta. Non so come fare, dopo aver visto come si vive in Vitarte mi sento fuori luogo in un posto dove è impossibile non riempirsi la pancia ma capisco che Roberto concede questo pranzo a me quanto a lui con sincero piacere, volendo investire così il regalo di compleanno ricevuto dalla sorella...dunque non faccio tante storie, tanto più che il cibo è veramente buono e la conversazione piacevolmente intima: ci scambiamo informazioni ognuno sul proprio lavoro e quando mi parla della sua “missione” a Lima, i suoi profondi occhi azzurri, a momenti timidi e sfuggenti, sanno raccontare molto più delle sue parole. El cura mi accompagna a prendere il combi e ci salutiamo. Sono pronta a tornare in Jesus Maria quando dal combi leggo, scritto a lettere cubitali su un palazzone grigio, BNP Biblioteca Nacional de Perù…la tentazione è troppo forte, scendo frettolosamente in Avenida de la Poesia e mi immergo nella biblioteca più grande del Paese.
Chiara

2 commenti:

illibraio ha detto...

Viaggio cibo e cultura: il massimo per i nostri Allibratori!!
Non siete i primi scandiccesi a giungere e ad operare per il bene in quei luoghi...Scandicci: presente!
Sinceramente mi sorprendo - mea culpa - per la qualità del blog, vi devo fare i miei complimenti per lo stile, la freschezza che le vostre parole rendono di suoni, colori, emozioni cibi.
Mi è venuta voglia di fagioli all'uccelletto!
ciao ragazzi, a presto!!
Andrea B., Scandicci....

caterina ha detto...

Chiaruccia.. leggere i tuoi racconti con un po' di trip hop music di sottofondo non ti dico che effetto fa..
stupendo, ho viaggiato anch'io.. tra le immagini nitide che hai creato e con un po' della malinconia che ci hai trasmesso..

a presto
cate